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mercoledì 26 maggio 2010

INQUINAMENTO E TUMORI A LIVORNO

“I dati raccolti non lasciano dubbi sulla realtà: in Italia la crescita dei casi di tumori è a livelli da epidemia. Se si analizza l'avanzata del male bisogna porsi due domande, dove e perché, che aprono scenari ancora più inquietanti. Dove aumentano i casi di cancro? In tutta Italia, con una concentrazione micidiale in 54 aree che comprendono 311 comuni…Quelle zone di crisi disegnano una radiografia della Penisola avvelenata” (L’Espresso, 24 maggio 2007). Fra le 54 aree più “colpite” da questa “epidemia” ci sono Livorno e la sua provincia. D’altra parte come meravigliarsene: a Livorno gli insediamenti industriali, il porto, l’inceneritore dell’AAMPS, le centrali per la produzione di energia elettrica dell’ENEL e dell’ENI sono tutti situati a ridosso del centro abitato mentre il traffico autoveicolare non è mai stato adeguatamente regolamentato. Il polo chimico di Rosignano Solvay e quello industriale di Piombino sono anch’essi incuneati in zone densamente popolate. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, come dimostrano drammaticamente anche queste cifre che ricaviamo dalle pubblicazioni della Regione Toscana “Morti per causa” del 1998 e del 2006: “Morti per causa” 1998 (maschi) Tumori : Livorno 34,8 % - media toscana 33,8 % Leucemie : Livorno indice 9,3 – media toscana 7,9 Malformazioni congenite: Livorno indice 4,1 – media toscana 3,5 Mortalità infantile: Livorno indice 6,86 - media toscana 4,93 “Morti per causa” 2006 (maschi) Tumori : Livorno 35,9 % - media toscana 35,2% Leucemie : Livorno indice 7,8 - media toscana 7,3 Malformazioni congenite : Livorno indice 1,8 – media toscana 2,7 Mortalità infantile : Livorno indice 3,12 – media toscana 2,99 Mesotelioma pleurico per esposizione ad amianto (Archivio regionale mesoteliomi maligni 1998/2000) Livorno indice 7,67 - media toscana 2,5 I quartieri più colpiti sono quelli a nord-est Non è certamente casuale che l’”Analisi socio sanitaria della popolazione nelle circoscrizioni del Comune di Livorno” realizzata dalla Regione Toscana fa emergere “l’area a nord-est della città come la più svantaggiata in termini di salute, contro la zona litoranea ad ovest e tutta la parte a sud. La zona industriale mostra i rischi relativamente più alti per entrambi i sessi e per quasi tutte le cause di decesso (malattie apparato respiratorio e tumore)”.Anche lo “STUDIO LONGITUDINALE TOSCANO: UN’ANALISI PER QUARTIERE PER LE CITTÀ DI FIRENZE E LIVORNO”, realizzato nel 1999 da Annibale Biggeri, Marco Marchi, Emanuela Dreassi del Dipartimento di Statistica “G. Parenti” Università di Firenze, da Paola Baldi e Alessandra Benvenuti, Regione Toscana, e da Enzo Merler Unità di Epidemiologia, CSPO, AO Careggi Firenze, nota che: “Una certa parte delle differenze [di mortalità] osservate potrebbero però avere una origine ambientale. In due sensi distinti: da un lato essere frutto di una esposizione legata a fenomeni di inquinamento dell’ambiente (si veda la mappa del rischio di tumore pleurico a Livorno), dall’altro può essere legata ad effetti di contesto. Vivere in un quartiere degradato può comportare una serie di svantaggi che si pagano anche in termini di salute, sebbene individualmente non si sia in condizioni di svantaggio. Nella nostra analisi abbiamo cercato di evidenziare questo aspetto calcolando il rischio relativo per ciascuna zona limitatamente ai soli soggetti in assenza di condizioni di svantaggio socio-economico. Ebbene possiamo concludere per la presenza di un residuo effetto di contesto. Le conseguenze in termini di politica di tutela della salute sono ovvie e non richiedono ulteriori commenti.” Significativa questa frase che gli autori inseriscono a conclusione della loro ricerca: “Questa disomogeneità [della mortalità] è indicativa di un livello di bisogno sanitario che non è omogeneamente distribuito nel territorio e che puo' essere tenuto di conto per la programmazione sanitaria e la corretta ubicazione e accessibilità dei servizi sul territorio”.A questo punto è lecito domandarsi che senso abbia individuare il nuovo presidio ospedaliero nella zona sud, cioè quella più lontana dai quartieri più duramente colpiti a livello sanitario. Ancora una volta le scelte delle amministrazioni locali si collocano lontano, in questo caso anche geograficamente, dai veri bisogni della popolazione. I poveri muoiono di più Possiamo quindi delineare alcune conclusioni: 1) Livorno e la sua provincia sono una delle aree d’Italia più esposte all’insorgenza dei tumori; 2) i quartieri più colpiti sono quelli a nord – est della città, cioè quelli incuneati o confinanti con zona industriale, inceneritore, centrale ENEL e attività portuali. Bisogna segnalare un terzo elemento, che ricaviamo dallo studio redatto dalla Regione Toscana nel 2002 su “La mortalità per condizione socio-economica e professionale nei Comuni di Firenze e Livorno”: “In entrambe le città gli eccessi di mortalità più elevati si presentano tra i disoccupati, che registrano un tasso di mortalità più che doppio rispetto a quella degli occupati. In entrambe le città sono le classi borghesi, rappresentate dai professionisti, dirigenti e semi-professionisti, a presentare la mortalità generale più favorevole”. In definitiva si può con certezza arrivare ad una terza fondamentale conclusione: a Livorno si muore molto per tumore ma a morire sono soprattutto gli abitanti dei quartieri popolari situati in prossimità delle attività più inquinanti. Lo strano caso delle centraline per il monitoraggio dell’aria Poiché questo disastro è noto per lo meno da trent’anni è lecito domandarsi cosa hanno fatto le Amministrazioni locali per cercare di contrastarlo. Poco, molto poco, quasi niente. Per anni è stata fatta circolare la novella che a “Livorno l’inquinamento lo porta via il vento”, poi a partire dagli anni ’80, di fronte all’evidenza dei dati, si è cercato di minimizzare, aiutati, magari, da qualche compiacente organizzazione ambientalista che prendendo per oro colato tutte le informazioni fornite dal Comune ha sistematicamente inserito Livorno fra le città dove si vive meglio (o meno peggio). In questa politica di metodica rimozione della realtà, Comune e Provincia si sono spalleggiati a vicenda. Il caso più clamoroso è quello delle centraline per il rilevamento della qualità dell’aria. Acquistate con i soldi della Provincia, queste centraline sono state situate in luoghi dove potessero fare il minore danno possibile alla traballante immagine di Livorno città vivibile. Tipico il caso di quella per il rilevamento delle polveri fini in zona ad alto traffico, che invece di essere installata in una via centrale (via Grande, piazza della Repubblica o piazza Mazzini, per esempio), è stata situata sul viale Carducci, in una strada ad alta concentrazione di traffico ma periferica. Nonostante tutti gli artifici, fino al 2005 la centralina di viale Carducci segnalava un numero enorme di superamenti dei limiti di soglia previsti dalla normativa comunitaria. Poi, improvvisamente, nel 2006 si è registrata una caduta verticale di questi superamenti (dai 107 del 2005, peggior risultato toscano, ad “appena” 61 superamenti). Negli anni successivi la tendenza è stata ancora alla diminuzione sensibile dei superamenti. Come spiegare questo “incredibile” risultato? Comune e tecnici ARPAT si sono arrampicati sugli specchi per trovare spiegazioni plausibili ma alla fine, probabilmente, la verità l’ha detta un funzionario dell’ARPAT, invitato dalla rivista elettronica Greenreport a commentare i dati: “… inoltre è stata di recente migliorata la calibrazione delle centraline”. A pensar male, ha detto un notissimo politico democristiano, si fa peccato ma spesso non ci si sbaglia. Livorno distretto delle nocività Mentre a Livorno si muore per cancro a causa di fattori ambientali, le amministrazioni locali si stanno adoperando per autorizzare la realizzazione di nuove infrastrutture che peggioreranno la situazione: • costruire un terminale di rigassificazione al largo delle coste, iniziativa inutile perché di gas ne arriverà a sufficienza dai gasdotti che si stanno realizzando, dannosa per gli interessi della città, rischiosa e fortemente inquinante (si calcolano 1 o 2 milioni di metri cubi di metano rilasciati ogni anno in atmosfera a causa delle lavorazioni per non parlare dell’inquinamento del mare); • costruire un secondo rigassificatore, questa volta a terra nell’area industriale della Solvay; • raddoppiare, grazie ai soldi di una fra le TIA più care d’Italia, l’inceneritore del Picchianti non per una necessità della città ma per bruciare rifiuti provenienti da mezza Toscana; • costruire un megainceneritore per rifiuti industriali che dovrebbe servire tutta la Toscana (si parla di 1400 tonnellate al giorno incenerite); • realizzare una filiera di centrali a biomasse per la produzione di elettricità che bruciano olio di palma: due a Livorno in ambito portuale, una a Piombino (già autorizzate) e una a Campiglia (da autorizzare); centrali piccole ma estremamente inquinanti; • spalleggiare i progetti di ENEL che vorrebbe convertire a carbone una parte della centrale di Torre del sale (circa 750 MW) e a biomasse una parte della centrale del Marzocco. Insomma nuove pesanti fonti di inquinamento e quindi di morte volute solo per fini affaristici visto che le ricadute occupazionali sarebbero minime (si pensi alle poche decine di posti garantiti dal rigassificatore di Livorno) mentre i profitti finirebbero nelle casse di multinazionali e società non del territorio (una vera e propria colonizzazione). Tutto sulla pelle dei livornesi. Maurizio Zicanu Maggio 2010

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